Crisi del kiwi in Piemonte: un’analisi della sfida fitosanitaria e delle prospettive future

Dalla batteriosi alla moria del kiwi, l’evoluzione della produzione di actinidia in Piemonte e il ruolo del progetto SOS-KIWI nel rilancio sostenibile del settore

La coltura dell’actinidia in Italia sta attraversando una profonda crisi a causa delle problematiche fitosanitarie quali la batteriosi e la moria del kiwi. Una crisi che si abbatte anche sul Piemonte, dove questa specie frutticola è stata impiantata per la prima volta negli anni ’70 ed ha rappresentato un punto di svolta per il comparto frutticolo regionale. In primis il ritorno economico realizzato dalle aziende agricole, magazzini di lavorazione/stoccaggio e vendita ma più in generale per tutto l’indotto locale.

La realizzazione di nuovi impianti è proseguita fino a sfiorare i 5.600 ettari nei primi anni duemila, quando questa coltura rappresentava la principale specie frutticola del Piemonte, seconda regione produttrice a livello italiano.

L’avvento della batteriosi

Dal punto di vista produttivo il kiwi richiedeva un limitato se non nullo impegno in termini di trattamenti, mentre la gestione della chioma e l’impollinazione di supporto sono state le tematiche più studiate dalla sperimentazione al fine di ottenere rese che in Piemonte raggiungevano anche le 30 tonnellate ad ettaro.

Nel 2010, l’arrivo della batteriosi dell’actinidia ha segnato un punto di svolta negativo. Infatti l’aggressività di questa prima e vera malattia ha determinato un forte calo delle produzioni medie scese tra le 15 e le 20 tonnellate ad ettaro e di conseguenza tra il 2011 e il 2012, l’estirpazione di oltre 1.000 ettari di superficie. Ciò nonostante i produttori non hanno smesso di credere nell’actinidia e tra il 2013 e il 2014 sono riniziati gli investimenti in nuovi impianti.

 

L’arrivo della moria e le azioni per contrastarla

Tra il 2015 e il 2016 sono comparsi in Piemonte i primi sintomi da moria del kiwi e successivamente i nuovi estirpi. Oggigiorno la superficie regionale ad actinidia si è ridotta significativamente e si considerano ancora produttivi circa 1.500 ettari dei quasi 3.000 censiti dalla Regione Piemonte. Una crisi drammatica ha colpito tutta la filiera frutticola, che ha spostato gli equilibri e determinato ingenti perdite economiche a tutto il comparto. Le ricerche finanziate dalla Regione Piemonte tra il 2017 e il 2023 sono state utili a comprendere meglio la multifattorialità della sindrome “moria del kiwi” e a testare pratiche agronomiche alternative. Tra queste, l’impiego di reti ombreggianti, la sistemazione del terreno con baulatura a doppia falda, i sistemi d’irrigazione più efficienti e la sensoristica per

pilotare le irrigazioni si sono dimostrate fondamentali a limitare gli stress ambientali ascrivibili al cambiamento climatico in atto. Tuttavia, queste soluzioni non sono ancora risolutive.

 

Le soluzioni del progetto SOS-KIWI

Ulteriori speranze di trovare soluzioni si concentrano nel progetto SOS-KIWI, che mette in rete le competenze acquisite dai partner coinvolti: Università di Udine, Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria, Università degli Studi di Torino, Università degli Studi di Napoli Federico II e Fondazione Agrion. Il progetto, infatti, si propone di analizzare diversi aspetti, tra cui le caratteristiche chimico-fisiche del suolo, i fattori climatici, le interazioni tra piante e microbioma, le pratiche agronomiche, le varietà colturali e le strategie di lotta e prevenzione. Questo approccio integrato e collaborativo ha l’obiettivo di sviluppare metodi innovativi, efficaci e sostenibili per contrastare la moria del kiwi, basandosi su una sinergia di conoscenze ed esperienze a livello nazionale.

Il progetto SOS-KIWI è sostenuto da Ager-Agroalimentare e ricerca

Articolo a cura di Luca Nari e Matteo Bontà di Fondazione Agrion

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