Tradizionale appuntamento di fine stagione, molto partecipato da frutticoltori, tecnici e operatori della filiera, per Fondazione Agrion che martedì 4 dicembre a Manta ha presentato i risultati delle attività di ricerca condotte nel 2018 in frutticoltura. Il convegno si è focalizzato in particolare su due temi di grande attualità: l’innovazione varietale del melo e del pero e la situazione della moria dell’actinidia in Piemonte con l’aggiornamento sulle prove per l’individuazione delle cause (Progetto Kimor) arricchito e completato dalla relazione dei colleghi veronesi sugli studi in corso in Veneto, regione che per prima ha riscontrato il problema.
Ha aperto i lavori il Presidente di Agrion Giacomo Ballari che ha evidenziato le importanti ricadute che una mirata e tempestiva sperimentazione applicata forniscono a tutta la filiera non solo frutticola. Agrion infatti è impegnata anche sui fronti: orticoltura e piccoli frutti, corilicoltura e vitivinicoltura con le rispettive aziende sperimentali di Boves, Cravanzana e Carpeneto nell’alessandrino. Il Presidente Ballari ha dettagliato le attività svolte nel 2018 nei rispettivi comparti evidenziando l’intensa attività progettuale condotta in collaborazione con importanti atenei e Centri di ricerca nazionali ed europei come la rete Eufrin – European Fruit Research Institutes network, di cui Agrion fa parte. L’ambiente pedemontano piemontese è tra i più vocati in Europa per la coltura del melo e l’aumento delle superfici dedicate a questa specie è costante ma servono adeguati progetti di valorizzazione. Per questo motivo Lorenzo Berra di Agrion ha presentato le opportunità offerte dall’innovazione varietale. Mele innovative su cui costruire progetti che aumentino il valore aggiunto della melicoltura piemontese. L’attività di Agrion comporta anche l’introduzione e valutazione di nuove varietà disponibili a livello internazionale che sono studiate in fase di prototipo. Oltre al perfezionamento dei gruppi varietali più diffusi come i nuovi cloni di Gala, sono anche state presentate cultivar di elevata qualità e facilmente gestibili in campo grazie a resistenze/tolleranze ai patogeni chiave. Vedi la serie di cultivar resistenti alla ticchiolatura e quindi interessanti anche da un punto di vista ecologico. In Piemonte sono già più di duecento gli ettari investiti con cv resistenti a ticchiolatura e il trend è in aumento.
L’interesse per la coltivazione del pero è crescente e Davide Nari ha fatto il punto sulle criticità e opportunità legate alla specie. Adattabilità ai differenti portinnesti, corretta scelta degli impollinatori e delle varietà. Molte le novità dalla sperimentazione soprattutto in merito alla linea di cultivar che presentano una significativa tolleranza al colpo di fuoco batterico (Erwinia amylovora). Dagli impianti pilota emergono dati interessanti su questo fronte rispetto allo standard coltivato con positivi ritorni anche sul piano del profilo qualitativo.
Nella seconda parte del convegno Graziano Vittone e Luca Nari hanno presentato una approfondita relazione sulla aggiornata situazione della “moria del Kiwi” in Piemonte preparata in collaborazione con Chiara Morone – Settore fitosanitario regionale, Laura Bardi – C.R.E.A. Torino e Valter Boero – DISAFA Università di Torino.
Graziano Vittone ha fatto un’accurata analisi dei fattori che determinano l’instaurarsi della problematica e di condizioni asfittiche nel terreno (assenza di ossigeno). L’attenzione è stata focalizzata sui recenti cambiamenti che ha subito la coltivazione dell’actinidia: dalla diversa gestione agronomica (minor apporto di SO) e difesa causa arrivo Psa e il “climate change”. Ripetuti interventi rameici contro lo Pseudomonas syringae actinidiae hanno determinato un eccessivo compattamento del terreno (riduzione della porosità) ed inoltre, un aumento del valore di rame contenuto nel terreno risulta particolarmente sfavorevole ai microrganismi (lombrichi) presenti nel terreno e che contribuiscono a mantenere vivo tutto il sistema suolo. Gli ultimi inverni miti hanno evitato il congelamento del terreno e la sommersione degli radicali sono così aumentate anche durante il riposo vegetativo. Infatti il fenomeno del gelo/disgelo normalmente può svolgere una funzione di una lavorazione naturale del terreno che diversamente verrebbe a mancare, e contribuisce così a mantenere un livello costante di porosità. Le calure estive oltre norma stanno determinando stress evapotraspirativi importanti che sono mal tollerati dell’actinidia. Tutti questi elementi aggiunti ad una riduzione progressiva del livello di sostanza organica nel terreno e irrigazione spesso inadeguate hanno accelerato il fenomeno che è ormai dilagante in tutto il Piemonte.
Nel 2017, grazie ad un finanziamento della Regione Piemonte, è partito un progetto di ricerca dedicato alla moria – denominato KIMOR – con l’obiettivo di meglio comprenderne le cause ed individuare soluzioni pratiche e applicative. Si è lavorato principalmente sull’agronomia andando a sistemare il terreno con apposite baulature a doppia falda a confronto con il terreno in piano, si è aggiunto della sostanza organica all’impianto e sono in corso di valutazione consorzi microbici che favoriscono lo sviluppo delle radici. Per ultimo si sono impiantati portinnesti botanicamente differenti dall’Hayward al fine di valutare la loro capacità di bypassare il fenomeno della moria. Dopo 2 anni di prova è stato dimostrato come una diversa sistemazione del terreno con apposite baulature aumenta il drenaggio del terreno e garantisce condizioni più ospitali per gli apparati radicali. Inoltre, l’aggiunta di sostanza organica (compost) all’impianto ha ulteriormente aiutato le piante nella prima fase di sviluppo ed allevamento. Tuttavia, questo effetto starter dovuto all’apporto del compost dovrà poi essere confermato nei prossimi anni. L’irrigazione pilotata con tensiometri elettronici ha permesso di constatare che il terreno della tesi baulata, a differenza di quella in piano, rimane per tutta la stagione irrigua più asciutto evitando così condizioni asfittiche. Per tutte le altre tesi, compresi i portinnesti, i lavori sono in corso e per il momento non è possibile esprimere un giudizio obiettivo.
Gianni Tacconi (Crea) e Lorenzo Tosi (Agrea) hanno iniziato tutta una serie d’indagini per definirne le cause analizzando dall’acqua d’irrigazione, alla presenza d’inquinanti nel terreno e di malattie (funghi e batteri). Purtroppo, nonostante le numerose analisi, i ricercatori veronesi non sono riusciti ad identificare un preciso fattore scatenate e le uniche certezze derivano dal fatto che gli apparati radicali delle piante colpite risultano completamente compromessi da condizioni asfittiche presenti nel suolo. In pratica, anche nella realtà veronese, si è giunti alle medesime conclusioni sopra riportate e cioè che al momento non è possibile individuare un fattore specifico responsabile del fenomeno ma che, tuttavia, le cause vanno ricercate nella sfera del terreno; infatti in alcune zone ben definite del veronese, caratterizzate da una componente prevalentemente costituita da sabbia e scheletro, la moria non si è al momento verificata. In conclusione, si può dire che il campo della ricerca per individuarne la causa oggi si restringe al fattore suolo, riprendendo dalla base tutte le pratiche colturali che nel tempo si erano trascurate in modo da rendere l’habitat per questa specie il più consono alle sue esigenze.