Programma di Sviluppo Rurale 2014-2020
Misura: n°10 «Pagamenti agro climatici ambientali»
Operazione: n°10.2.1 «Sostegno per la conservazione, l’uso e lo sviluppo sostenibili delle risorse genetiche vegetali in agricoltura»
Titolo del progetto: «Selezione, recupero e valorizzazione di alcuni ecotipi locali piemontesi»
Costo complessivo: 101.693,58 Euro
Di cui quota FEASR: 43.850,27 Euro
Beneficiario/Capofila: Fondazione per la ricerca, l’innovazione e lo sviluppo tecnologico dell’agricoltura piemontese
- Partners: Il gruppo di ricerca del settore Genetica Agraria del DISAFA (Università di Torino)
- L’Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante del Consiglio Nazionale delle Ricerche (IPSP-CNR), appartiene al Dipartimento di Scienze Bio-AgroAlimentari del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR).
Acronimo: Rigenera
Titolo del progetto: Selezione, recupero e valorizzazione di alcuni ecotipi locali piemontesi
Come riportato nell’introduzione del Piano Nazionale sulla Biodiversità di Interesse Agricolo “Negli ultimi 50 anni, l’uomo con le sue attività produttive ha modificato profondamente la base ecologica del mondo vivente e in molti casi il danno arrecato è irreversibile. La riduzione della varietà delle forme viventi e degli ambienti e la semplificazione dei paesaggi, ossia la perdita di biodiversità, dovuta all’attività umana, sia in termini di sovra-sfruttamento delle risorse naturali, sia di alterazioni dell’ambiente, è oggi uno dei problemi di maggiore importanza su scala mondiale.”
Il recupero, la salvaguardia e la caratterizzazione (descrizione minuziosa dei caratteri) delle risorse genetiche è indispensabile per il mantenimento della biodiversità, soprattutto per specie ed ecotipi a rischio di estinzione. La biodiversità è infatti fonte di variabilità e rappresenta una riserva di geni indispensabile sia per i processi evolutivi sia per l’attuazione di programmi di miglioramento genetico finalizzati ad ottenere varietà adattate al costante mutamento degli agroecosistemi. Inoltre l’attività di recupero e reintroduzione in coltivazione di ecotipi o ‘landrace’ in via di estinzione può rappresentare nuove opportunità per i produttori, consentendo di diversificare le loro produzioni e di differenziarsi sul mercato dai prodotti commodity.
Negli ultimi anni, l’attività di selezione e conservazione ha assunto un ruolo fondamentale anche nel supportare i produttori nel processo di recupero o nel miglioramento delle condizioni fitosanitarie delle varietà locali. L’orticoltura piemontese, infatti, ha raggiunto buoni livelli di specializzazione e professionalità e si sta progressivamente organizzando in “filoni”. Nel primo si trovano le aziende che utilizzano cultivar altamente selezionate e ibridi F1 sviluppati dalle ditte sementiere che consentono di ottenere maggiori produzioni anche grazie all’introgressione di geni di tolleranza/resistenza alle avversità biotiche (funghi, nematodi, virus…).
Negli ultimi anni si è andato affermando un secondo orientamento produttivo rappresentato dalla coltivazione e valorizzazione commerciale di ecotipi locali i cui prodotti stanno progressivamente suscitando l’interesse da parte dei consumatori. Questi ultimi sempre di più prediligono i prodotti orto-frutticoli a filiera corta, identificati come prodotti elitari, in quanto dotati di peculiari caratteristiche organolettiche e qualitative e fortemente identificabili e legati alle tradizioni gastronomiche e culturali del territorio di origine. E’ necessario quindi avere costante disponibilità di prodotto possibilmente uniforme. Non provenendo, come nel caso degli ibridi da specifici programmi di selezione, ricerca e incrocio, la produzione della semente o dei materiali di propagazione è affidata agli agricoltori che, pur dotati di elevata professionalità, spesso non possiedono adeguate informazioni sulle più idonee strategie di selezione del materiale o delle pratiche di isolamento da adottare per evitare una sorta di “inquinamento genetico” che potrebbe portare, nel lungo periodo, alla perdita dei caratteri distintivi. Un’ulteriore problematica associata all’autoriproduzione delle sementi è quella relativa al mancato controllo sulla sanità del seme che può causare la diffusione di batteri e/o virus mettendo a rischio la sopravvivenza degli ecotipi.
In Piemonte l’attività di conservazione della biodiversità in ambito orticolo è affidata alla Fondazione Agrion, ente costituito dalla Regione Piemonte, allo scopo di svolgere attività di ricerca applicata in ambito ortofrutticolo. Agrion può contare su numerosi partenariati a livello regionale, nazionale e internazionale con Istituzioni di Ricerca. In particolare, nell’ambito della salvaguardia degli antichi ortaggi piemontesi, svolge attività di ricerca in stretta collaborazione con il Settore Genetica Agraria del DISAFA (Dipartimento di Scienza Agrarie, Forestali e Alimentari) dell’Università di Torino. La strategia utilizzata in queste attività è quella di effettuare la caratterizzazione, valutazione e mantenimento di ecotipi locali (landraces) on-farm. I nuclei di semente o materiali propagativi ottenuti vengono quindi messi a disposizione dei produttori interessati alla loro coltivazione e che fungono da agricoltori “custodi”. Inoltre, la possibilità di destinare parte dei semi ottenuti alla conservazione ex situ nella Banca del Germoplasma del DISAFA – Genetica Agraria – dell’Università di Torino garantisce una ulteriore tutela nella conservazione delle varietà locali.
Alla luce di queste considerazioni su quattro ecotipi di specie orticole (Fagiolo Cuneo “Billò”, Peperone quadrato d’Asti, Carciofo della Val Tiglione e Fragola “Galucet” di San Raffaele Cimena) nel 2018 è stata un’attività progettuale con lo scopo di garantire la conservazione degli ecotipi in studio, migliorarne gli aspetti vegeto-produttivi e fitosanitari mettendo a disposizione dei produttori sementi sane e rispondenti alle caratteristiche dei rispettivi ecotipi.
Fagiolo Cuneo ecotipo “Billò”
Il fagiolo rampicante inserito nell’ambito dell’IGP Fagiolo Cuneo e conosciuto come “Billò”, è stato ottenuto a seguito di un’attività di selezione di tipo conservativo avviata dalla Fondazione nel 1994 e finanziata dalla Regione Piemonte. Dal 2007, il Centro Sperimentale di Boves è stato individuato come sede per la produzione del nucleo di base della semente. Nel corso del biennio di attività progettuali è stata attuata la ri-selezione e il mantenimento in purezza delle linee delle progenie ottenute. Durante il primo anno all’interno dell’appezzamento sono state identificate 300 linee oggetto delle osservazioni. La selezione fenotipica ha puntato al miglioramento di alcuni aspetti qualitativi della produzione quali:
- Incremento della pezzatura del seme;
- Selezione di piante con granella marcatamente compressa ai poli e riconducibile alla forma tradizionale del “petto di pollo”, ravvicinata ed evidente all’interno dei baccelli;
- Colorazione del baccello selezionando piante con baccelli dai tegumenti di colore bianco paglierino e poco screziati;
- Colorazione della granella privilegiando i semi con colore bianco paglierino e limitata screziatura.
Durante il ciclo produttivo, oltre alle osservazioni sul comportamento vegeto-produttivo, sono stati eseguiti controlli sullo stato fitosanitario e, dopo la caratterizzazione della semente, si è proceduto a prelevare un campione di semente da inviare ai laboratori dell’IPSP-CNR di Torino per il controllo della presenza due virosi potenzialmente trasmesse da seme il Virus del Mosaico Comune del Fagiolo (BCMV) e il Virus del Mosaico del Cetriolo (CMV). Questa analisi ha così permesso di escludere le progenie infette (43) migliorando così le condizioni fitosanitarie dell’ecotipo. Successivamente, da ognuna delle 257 linee sane, è stato prelevato un seme consegnato al laboratorio del DISAFA – Genetica Agraria dell’Università di Torino per eseguire la caratterizzazione molecolare (analisi del DNA). La lettura del dendrogramma di similarità genetica ottenuto ha consentito di quantificare la variabilità genetica esistente nell’ambito dei genotipi e di valutarne le distanze filogenetiche.
Sulla base dei risultati emersi dei 257 materiali analizzati sono state escluse 114 linee sulla base della minore similarità genetica evidenziata mentre i 143 genotipi rimasti sono stati impiegati per la realizzazione delle attività 2019. Nell’allestimento dell’impianto del 2019 sono state realizzate bine di bordo per evitare fenomeni di inquinamento genetico dall’esterno mentre nella parte centrale sono state messe a dimora le 143 linee di selezione. Anche nel corso del secondo anno di attività è stata riscontrate la presenza di afidi in epoca precoce (prime foglie vere) che ha causato la diffusione del BCMV all’interno dell’appezzamento.
Per contrastarne la diffusione sono state eseguiti dei monitoraggi con estirpazione delle piante colpite. Per questo delle 143 linee seminate ne sono arrivate a fine ciclo 105.
Per valutare la sanità della progenie è stato nuovamente fornito un campione di seme all’IPSP-CNR con l’esclusione di 36 linee infette da BCMV. Contestualmente le piante sane sono state inoculate artificialmente con il virus per valutare le presenza di linee più tolleranti ma i dati non hanno evidenziato differenze tra i genotipi. Al termine delle attività progettuali dalle 300 linee inizialmente sottoposte ad indagine 65 sono risultate meritevoli di essere mantenute per la moltiplicazione. Nell’ottica di aumentare il livello di selezione le linee giudicate migliori sono state mantenute distinte mentre con le restanti sono stati creati quattro diversi nuclei in funzione del livello di similarità genetica ottenuto dalle analisi di fingerprinting. Da ognuna delle linee migliori, così come dai quattro nuclei sono stati prelevati dei campioni di seme consegnati al DISAFA – Genetica Agraria per la conservazione a lungo termine presso la Banca del Germoplasma. La restante massa di semente è stata posta in conservazione presso il Centro Sperimentale Agrion e resa disponibile ai produttori.
Peperone Quadrato d’Asti
Il peperone nell’astigiano copre una superficie di circa 25 ettari (di cui circa il 14% nel comune di Costigliole d’Asti) e occupa circa 226 aziende. In questi areali il Quadrato d’Asti dopo un periodo di limitata diffusione e coltivazione è tornato a riscuotere interesse grazie ad alcuni produttori dell’areale astigiano che hanno richiesto alla Banca del Germoplasma del DISAFA la fornitura di linee pure, frutto di precedenti programmi di selezione.
Per la realizzazione delle attività previste è stata individuata l’azienda “Dui Puvrun” di Scavino Stefano situata nel Comune di Costigliole d’Asti e orientata alla coltivazione di ecotipi locali o varietà “antiche” e particolarmente attenta alla gestione della propagazione.
L’azienda realizza annualmente due impianti di circa 100 piante mantenendo separate le due tipologie di colore dove, durante il primo sopralluogo, sono state identificate 10 piante per tipologia di colorazione.
Per la caratterizzazione dei materiali è stata predisposta (come nel caso del fagiolo Cuneo) una scheda pomologica per la registrazione dei rilievi vegeto produttivi da compilare in campo per la caratterizzazione delle piante e in laboratorio per la descrizione della produzione ottenuta.
Per poter effettuare le analisi relative alla caratterizzazione molecolare (analisi del DNA) sono stati prelevati campioni di semente dalle bacche raccolte dalle diverse linee più performanti che sono stati consegnati al laboratorio del DISAFA – Genetica Agraria dell’Università di Torino. Il dendrogramma ottenuto mette in evidenza un grado di uniformità genetica molto elevato, a conferma del lavoro di selezione effettuato su tali linee scelte. Non sono stati evidenziati polimorfismi tra individui appartenenti alla stessa linea.
Sulla base dei dati ottenuti dalla caratterizzazione effettuata nel primo anno sono state individuate tre linee per la tipologia a bacca rossa e tre per quella gialla per la cui progenie è stata messa a dimora nel 2019 e sottoposta nuovamente alle attività di caratterizzazione. A fine ciclo le linee selezionate sono state saggiate per la sensibilità al Tomato spotted wilt virus (TSWV). I semi prelevati dalle linee sono stati consegnati ai laboratori dell’IPSP-CNR. Qui sono stati seminati in serra provvista di sistemi di esclusione di insetti e a temperatura e fotoperiodo controllati. Quando le piantine sono giunte allo stadio di 2-4 foglie vere, sono state inoculate meccanicamente con un isolato di TSWV e, il monitoraggio dei sintomi, non ha evidenziato differenza di tempo nello sviluppo della malattia tra le linee analizzate. Non essendo emerse differenze sia a livello di analisi molecolari sia dal dato relativo alla sensibilità al virus i nuclei di seme sono stati ottenuti dall’attività di caratterizzazione vegeto produttiva che ha permesso di identificare quattro linee migliorative nel gruppo dei peperoni gialli e tre in quello dei rossi. Al termine del biennio di attività la progenie ottenuta delle linee identificate è stata consegnata al DISAFA – Genetica Agraria per la conservazione a lungo termine presso la Banca del Germoplasma e messi a disposizione del produttore.
Carciofo della Val Tiglione
Il carciofo della Val Tiglione, anche conosciuto come carciofo del “Sorì”, è un altro ecotipo nei confronti del quale si è recentemente manifestato un ritorno di interesse da parte dei consumatori, stimolandone la coltivazione da parte di alcuni agricoltori. Secondo quanto indicato dai dati statistici nel 2008 era presente una sola azienda con una superficie di 0.06 ettari. Da allora l’incremento è stato consistente arrivando raggiungere, nel 2016, quasi i 3 ettari. A fronte di un aumento della superficie è aumentato anche il numero di aziende coinvolte nella coltivazione del carciofo che nel 2016 erano 36 con una superficie media aziendale di 700 m2. In virtù del ritorno di interesse per la coltivazione di questo ecotipo si è reso necessario selezionare, nell’ambito dei materiali in coltivazione, i genotipi riconducibili alle caratteristiche originarie del carciofo della Val Tiglione. Ciò per consentire l’allestimento di nuove carciofaie in grado di fornire un prodotto uniforme, di elevata qualità nonché di tutelare e valorizzare questo prodotto tipico.
Per la realizzazione delle attività progettuali è stata individuata l’azienda “Dui Puvrun” di Scavino Stefano nel del Comune di Costigliole d’Asti. L’azienda dispone attualmente di due carciofaie di cui una di circa 600 m2 al terzo anno di produzione realizzate con carducci prelevati nel Comune di Mombercelli (individuato come areale di origine del Carciofo del Sorì). Durante un primo sopralluogo nel carciofeto si è proceduto all’identificazione di 20 piante scelte sulla base delle caratteristiche vegeto–produttive.
Per la valutazione dei materiali è stata predisposta una scheda pomologica per la caratterizzazione delle piante e della produzione. Per la caratterizzazione della pianta sono stati raccolti dati relativi all’altezza del fusto, al portamento e alla colorazione delle foglie. Sono stati inoltre valutati l’altezza del capolino centrale e il suo diametro. Per la descrizione dei capolini sono stati osservati sia interi che sezionati per determinarne la forma, valutare la presenza di colorazioni antocianiche e la densità delle brattee. Per ogni pianta cartellinata sono stati inoltre registrati il numero e il peso dei capolini tagliati.
I dati ottenuti dalla caratterizzazione molecolare eseguita dal DISAFA – Genetica Agraria hanno consentito di quantificare la variabilità genetica e esistente nell’ambito dei genotipi e di valutarne le distanze filogenetiche. Il dendrogramma ha messo in evidenza un elevato grado di differenziazione genetica tra le linee e ha permesso, insieme ai dati ottenuti dalla caratterizzazione fenotipica, di individuare le linee da sottoporre ad un ulteriore anno di valutazione. Al termine del secondo anno di indagini delle venti piante inizialmente caratterizzate, sette sono risultate interessanti e avviate alla propagazione per la realizzazione di nuovi impianti.
Data la recente espansione di questo ecotipo, contestualmente alle attività di caratterizzazione è stato eseguito un monitoraggio nell’astigiano sulla localizzazione dei carciofeti e al termine delle attività è stata presentata una domanda di variazione della scheda PAT del Carciofo della Val Tiglione con la richiesta di estenderne dell’areale di coltivazione.
Fragola Galucet di San Raffaele Cimena
Agli inizi degli anni ’60 il territorio di San Raffaele Cimena rappresentava una realtà agricola molto importante per l’areale torinese ed era nota in particolare per la produzione di fragola. Secondo dati storici, nel 1962 furono commercializzate ben 19 tonnellate di fragole tra cui le tipiche fragoline inserite all’interno del PAT istituito nel 2002 con la denominazione Fragola Galucet di San Raffaele Cimena. Negli anni la coltivazione della fragola è stata progressivamente abbandonata e l’ecotipo locale ha rischiato l’estinzione. La sua sopravvivenza è stata possibile grazie ad alcuni cultori di questo frutto che ora vorrebbero poterne riattivare la coltivazione sul territorio. Per poterlo fare è necessario innanzi tutto indentificare e caratterizzare i materiali presenti nei siti di conservazione. E’ indispensabile inoltre poter verificare le suecaratteristiche genetiche per dimostrarne la sua tipicità e distinguibilità.
Per le attività relative a questo sotto-progetto, è stata scelta l’azienda “Cascina Virone” sita nel Comune di San Raffaele Cimena. L’azienda dispone di tre piccoli impianti con circa 400 piante protette solamente con rete antigrandine e quindi esposte alle intemperie. In occasione del primo sopralluogo erano state identificate 17 piante che evidenziavano caratteristiche interessanti dal punto di vista del comportamento vegeto-produttivo. Per la caratterizzazione fenotipica sono stati eseguiti sia in campo che in laboratorio sulla produzione raccolte i rilievi previsti dalla scheda pomologica.
Nel corso del biennio sono state identificate sei piante giudicate migliorative e avviate alla moltiplicazione per la produzione di nuove piantine. Per quanto concerne il discorso relativo alla caratterizzazione genotipica le indagini hanno richiesto due distinte tipologie di analisi. La prima ad essere realizzata è stata l’analisi citoflussimetrica eseguita presso il Plant Cytometry Services (Olanda) mentre la seconda relativa alla caratterizzazione molecolare è stata eseguita presso i laboratori del CAV (centro attività vivaistiche) di Faenza (RA). L’analisi citoflussimetrica ha permesso di determinare il livello di ploidia della fragola di San Raffaele Cimena evidenziando la sua appartenenza all’ibrido esaploide Fragaria x ananassa. Con la caratterizzazione molecolare è stato possibile ottenere l’impronta digitale (fingerprinting) molecolare e confrontarla con quelle presenti nel database di riferimento del laboratorio. Alla luce di tali risultati è stato possibile confermare l’unicità dell’ecotipo in analisi, unitamente ad una limitata base genetica disponibile, evidenziata dalla non distinguibilità genotipica dei campioni analizzati.